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Fatti di Cucina

Sei vegano? E allora devi pagare anche questa tassa: la decisione del Governo scatena le polemiche

Sempre più persone ormai optano per una dieta vegana ma questa decisione comporta anche delle spese aggiuntive: scatta una tassa  per chi non mangia prodotti animali. Vediamo di cosa si tratta.

Fino ad una ventina di anni si sapeva a malapena cosa significasse “dieta vegana”: al massimo c’era qualche vegetariano che, però, pur non mangiando carne e pesce, continuava a consumare i derivati animali come le uova, il latte e i latticini. Oggi, secondo i dati ufficiali, solo in Italia oltre il 2% della popolazione è vegana.

Chi fa una scelta vegana non mangia nulla che provenga dagli animali: nemmeno le uova, il latte, i formaggi e il miele. Tale scelta viene fatta il più delle volte per motivi etici, altre volte per questioni legate alla salute. In Italia, del resto, nei limiti della Legge ognuno è liberissimo di decidere come nutrirsi.

La libertà di scelta, però, a volte viene fatta pagare con un sovrapprezzo: chi è vegano deve pagare una tassa in più rispetto a chi non lo è. Possibile? Possibilissimo. Chi ha deciso di non nutrirsi di prodotti di origine animale nel nostro Paese deve pagare una tassa in più rispetto a chi mangia carne, latte e uova. La decisione del Governo sta facendo molto discutere.

Arriva la tassa che devono pagare solo i vegani: ecco di cosa si tratta

Nei limiti consentiti dalla Legge, ognuno è libero di nutrirsi come meglio preferisce. Sappiamo tutti che in Italia ci sono alcuni cibi vietati ma nulla hanno a che fare con quello che abitualmente mangia una persona vegana che si nutre di cibi esclusivamente vegetali. Eppure chi è vegano deve pagare una tassa in più rispetto a chi è onnivoro o vegetariano.

Arriva la tassa che devono pagare solo i vegani: ecco di cosa si tratta/Buttalapasta.it

Ebbene sì: essere vegani costa. Chi fa questa scelta alimentare e di vita sa già in partenza che al supermercato spenderà un po’ di più in quanto, attualmente, due burger vegani costano più di molti burger di manzo o di pollo per non parlare poi di prodotti come tofu o seitan o surrogati vari che possono raggiungere cifre davvero alte.

Ma del resto lo si sa in partenza e, quindi, non ci si lamenta nemmeno. Quello che però fa storcere il naso è la questione dell’IVA, una tassa statale che non è esattamente la stessa per tutti al supermercato. Chi consuma il classico latte vaccino – dunque non solo le persone onnivore ma anche quelle vegetariane – paga solo il 4% di IVA su questo prodotto che è considerato un bene essenziale.

Fin qui tutto bene se non ché, un vegano, su una bevanda vegetale che usa come alternativa al latte – prendiamo, ad esempio, la classica bevanda di soia piuttosto che di avena o di mandorla – deve pagare il 22% di IVA poiché tali bevande, in Italia, vengono considerate beni di lusso. La differenza in percentuale è davvero moltissima: un vegano paga più del quintuplo di IVA rispetto ad un non vegano.

I vegani pagano l’IVA al 22% sulle bevande vegetali/Buttalapasta.it

Tra l’altro l’Italia è l’unico Paese all’interno dell’Unione europea ad aver adottato questa politica: negli altri Stati le due bevande vengono tassate nella stessa misura. La questione sempre iniqua in quanto tali bevande vengono consumate non solo da chi ha fatto una scelta vegana che, appunto, è una scelta ma anche da soggetti allergici o intolleranti al latte e le allergie o le intolleranze non sono una scelta.

Samanta Airoldi

Sono Samanta, sono nata a Genova ma vivo a Milano da molti anni. Ho conseguito Laurea specialistica e Dottorato in Filosofia Politica e svolgo il lavoro di redattrice dal 2015. Ho pubblicato alcuni libri di Filosofia Politica in chiave "pop" e, nel corso di questi anni, ho lavorato per diversi blog. Mi sono sempre occupata, principalmente, di Politica ed Economia ma, talvolta, anche di lifestyle, benessere e alimentazione vegana essendo io stessa vegana. Le mie passioni principali sono proprio la Politica e l'Economia ma mi interessa anche il settore del benessere.

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