Di Salvatore Lavino | 19 Novembre 2024
Non tutta la pasta servita a tavola è uguale, e ciò dipende prima di tutto dal tempo di cottura. Fattore che può pesare o meno sulla nostra salute, in che modo.
Sapevi che prestare attenzione alla cottura della pasta è essenziale per mantenere una dieta sana e bilanciata? La scelta di una pasta cotta in maniera ben specifica fa la differenza in tal senso. E serve per avere un migliore controllo glicemico ed una gestione del peso più efficace.
La pasta poi fa parte del nostro patrimonio non solo gastronomico ma anche culturale. Questo cibo è fortemente identificativo dell’Italia, in tutte le sue forme e ricette. Non va dimenticato poi che c’è la dieta mediterranea, che proprio alla pasta riserva una importanza fondamentale.
Per quanto riguarda la modalità di cottura scelta, questo fattore può influenzare significativamente non solo il suo sapore, ma anche il suo impatto che ha sulla nostra salute. La cosa è sostenuta con convinzione da molti esperti in ambito di nutrizione. A seconda della temperatura intrapresa, si verificano diversi effetti.
E tutto ciò si ripercuote sulla consistenza della pasta e sul suo sapore, in particolare. Solo che c’è scelta e scelta, ed una è sicuramente migliore di qualsiasi altra per quanto riguarda non solo l’esperienza gastronomica a tavola ma la salute in generale
Quanto tempo deve cuocere la pasta?
Per fare un esempio, la pasta scotta, ovvero quella cotta oltre il punto di giusta cottura, può avere effetti indesiderati sul nostro organismo. Tra cui un aumento del picco glicemico ed un potenziale aumento di peso. Quando si cuoce la pasta, la temperatura ed il tempo di cottura possono avere dunque un ruolo cruciale nella struttura e composizione della stessa.
La pasta al dente, cotta per un tempo appropriato (solitamente scolata un paio di minuti prima del tempo di cottura indicato sulla confezione, n.d.r.) mantiene una consistenza più ferma ed una struttura che rallenta la digestione. Questo significa che, una volta ingerita, i carboidrati vengono assorbiti più lentamente, evitando picchi glicemici improvvisi.
Al contrario, la pasta scotta diventa molle e la sua struttura si rompe. Questo porta a un rilascio più rapido dei carboidrati nel flusso sanguigno, provocando un aumento repentino della glicemia. Un picco glicemico elevato può portare ad un immediato senso di energia. Ed anche ad un rapido calo della stessa, che può indurre ad una maggiore sensazione di fame, creando un circolo vizioso che spinge a mangiare di più.
Mangiare pasta scotta perciò influisce sul picco glicemico e può anche contribuire all’aumento di peso nel lungo termine. Quando il corpo sperimenta picchi glicemici elevati, si verifica un aumento della produzione di insulina, l’ormone responsabile della regolazione degli zuccheri nel sangue. Un eccesso di insulina può favorire l’accumulo di grasso, specialmente nella zona addominale.
E la pasta cotta in modo eccessivo tende a essere più appetitosa e più facile da mangiare. La sua consistenza morbida può portare a consumarne quantità maggiori e con maggiore velocità. Spesso senza nemmeno rendersene conto.
Questo fenomeno, noto come “iperfagia”, può essere un fattore determinante nel prendere più peso, poiché mangiare porzioni più abbondanti di cibi ad alto indice glicemico può portare a un eccesso calorico complessivo. Ed allora la cosa migliore da fare è sempre cuocere la pasta al dente, di qualunque tipo essa sia. Per avere un assorbimento più controllato dei carboidrati e per evitare pure che si sfaldi.
Parole di Salvatore Lavino