Di Salvatore Lavino | 31 Gennaio 2025
Brutta, bruttissima scoperta quella compiuta da alcuni esperti a seguito di analisi di laboratorio sui topi. Quel che succede per colpa delle microplastiche è tremendo.
Le microplastiche sono piccole particelle di plastica derivanti dalla degradazione di materiali più grandi. Rappresentano una crescente preoccupazione per la salute umana e l’ambiente, con la loro pericolosità che è ben nota. Queste sostanze, presenti nell’acqua, nell’aria e in molti materiali di uso quotidiano, riescono a trovare la loro strada fino al cervello, dove potrebbero causare gravi problemi di salute. Recenti ricerche suggeriscono che le microplastiche possono formare aggregati che agiscono come trombi, aumentando il rischio di ictus e altre malattie neurovascolari. Sebbene gli studi attuali si basino principalmente su modelli animali, si teme che le stesse dinamiche possano verificarsi negli esseri umani.
Un team di ricercatori dell’Università di Pechino ha condotto un esperimento su topi, somministrando loro acqua contenente microsfere di polistirene fluorescenti del diametro di cinque micrometri. Utilizzando un’apertura chirurgica per monitorare il percorso delle particelle, gli studiosi hanno osservato che, entro tre ore dall’assorbimento, le microsfere venivano catturate da cellule del sistema immunitario, arrivando infine al cervello, in particolare nelle aree corticali.
Perché le microplastiche sono pericolose per l’uomo?
Una volta nel cervello, le microplastiche possono comportarsi in modi problematici. Alcune particelle rimangono intrappolate nelle circonvoluzioni corticali, mentre altre possono bloccarsi e ripartire, creando ostruzioni simili ai trombi. Queste ostruzioni possono causare eventi ischemici, come gli ictus. Gli esperimenti hanno mostrato che i movimenti dei topi che avevano ingerito le microplastiche risultavano rallentati, e questo effetto persisteva per giorni. La probabilità di formazione di aggregati pericolosi aumenta con l’ingestione continua e con le dimensioni delle particelle.
Altri studi hanno confermato che micro e nanoplastiche possono avere un comportamento simile negli esseri umani. Analisi su cadaveri hanno rivelato la presenza di microplastiche nel cervello, nei reni e nel fegato. Inoltre, ricerche hanno mostrato che le persone con livelli elevati di plastica nel sangue, in particolare nelle placche aterosclerotiche, sono maggiormente a rischio di infarti e ictus, con un’incidenza di mortalità più elevata.
In attesa di conferme definitive su come queste dinamiche si applichino agli esseri umani, è cruciale riflettere sulle cause dell’inquinamento da microplastiche. Un recente studio pubblicato su Science Advances ha analizzato i dati di cinque anni provenienti da 84 paesi, identificando i principali produttori di plastica.
La responsabilità dell’inquinamento
I risultati indicano che una percentuale significativa della plastica dispersa è attribuibile a solo cinque marchi: Coca-Cola, PepsiCo, Nestlé, Danone ed Altria. Queste aziende rappresentano il 24% del totale della plastica riconducibile a marchi noti.
Inoltre, oltre il 50% della plastica nel mondo è riconducibile a soli 56 marchi globali. La maggior parte di questi brand appartiene al settore alimentare, che utilizza enormi quantità di plastica per il confezionamento. Questa situazione evidenzia la necessità di interventi decisivi, come l’implementazione di un trattato globale per limitare la produzione di plastica monouso.
Ridurre l’uso di prodotti monoporzione e monouso in plastica potrebbe rappresentare un passo significativo verso la diminuzione della presenza di micro e nanoplastiche nell’ambiente e negli organismi viventi. Le misure preventive, insieme a una maggiore consapevolezza riguardo all’uso della plastica, potrebbero contribuire a mitigare i rischi associati a questi inquinanti. Giusto qualche giorno fa c’è stato un maxi richiamo che riguarda Coca Cola ed altre bevande i cui marchi sono controllati dalla stessa Coca Cola Company, per una potenziale problematica per la salute.
Parole di Salvatore Lavino