Pericolo microplastiche nel cibo, possono arrivare al cervello: come ridurre i rischi - buttalapasta.it
Sono estremamente nocive, ed il pericolo microplastiche nel cibo trova ulteriori scenari inquietanti per via di uno studio recente che fa davvero preoccupare.
Pericolo microplastiche nel cibo, si parla da anni di questo delicato argomento. Il quale merita tutta l’attenzione del mondo. Perché corrisponde in effetti al vero il fatto che ci possano essere delle contaminazioni invisibili all’occhio in ciò che mangiamo. Basta pensare al pescato che, quando ancora in vita, ingerisce quantità considerevoli di questi residui di plastica frutto dell’inquinamento dei mari. Dalle loro carni poi il tutto passa nei nostri stomaci, mediante il naturale processo della catena alimentare.
Noi ci nutriamo di tante specie di pesce ed ormai le probabilità che lo stesso sia interessato dal pericolo microplastiche è concreto. Uno studio recente riferisce di come in media nel cervello di un adulto sia presente il corrispettivo di un cucchiaino di microplastiche. Lo sostiene uno studio firmato dalle Università del New Mexico di Albuquerque e pubblicato sulla rivista specializzata di settore Nature Medicine. La cosa non va affatto trascurato, perché è riconosciuto il danno alle cellule che questi nanomateriali arrecano. Contribuendo così al declino cognitivo, quando le stesse raggiungono la testa.
Il pericolo legato alle microplastiche vede quest’ultime responsabili anche di danni ulteriori visto che assorbono metalli pesanti, pesticidi ed altro per rilasciarle nell’organismo una volta assorbite. Per colpa delle microplastiche poi possono crescere anche i rischi di contrarre malattie neurodegenerative come Alzheimer, Huntington e Parkinson e scleroso laterale amiotrofica, che hanno alla base la formazione di grumi proteici tossici.
Lo studio citato poc’anzi ha condotto delle analisi apposite su 28 persone, analizzandone i livelli di microplastiche presenti in cervello, fegato e reni. Tra loro c’era chi aveva sviluppato una demenza e si è scoperto che in questi casi le concentrazioni di microplastiche nell’organismo erano le più alte del gruppo (da tre a cinque volte). In tutte queste situazioni poi le misure di microplastiche erano cresciute rispetto ad una osservazione precedente registrata sugli stessi soggetti nel 2016.
Quali sono i pericoli delle microplastiche? – buttalapasta.it
Ed ancora, i livelli di microplastiche nel cervello erano più alte di ben trenta volte rispetto a quelle riscontrate nei reni e nel fegato. Un ulteriore studio ha scoperto invece che chi assorbe più microplastiche mostra delle capacità cognitive più basse. E rischia maggiormente di cadere preda di disabilità cognitive.
L’unico modo per non andare incontro a questi scenari negativi consiste nel cercare di limitare l’assunzione di microplastiche. Ciò è possibile controllando come si deve gli alimenti. Bisogna fare attenzione alle bottiglie di plastica, sarebbe meglio eliminarle del tutto, ed affidarsi all’acqua confezionata in vetro o all’acqua di rubinetto. Poi bisogna evitare di riscaldare il cibo in contenitori di plastica, che siano vaschette per il forno o filtri del tè.
Occhio anche a non esagerare con il consumo di pesce, che è un enorme vettore di microplastiche per quanto sia un cibo salutare. Sotto accusa ci sono anche gli alimenti confezionati in lattine, che siano bevande o alimenti come zuppe e legumi. Questi contenitori rilasciano infatti nel cibo bisfenolo A, che è una ulteriore sostanza nociva.
Come difendersi dalle microplastiche – buttalapasta.it
E pure i cibi ultraprocessati, come le nugget di pollo e simili, possiedono una quantità in media trenta volte superiore rispetto al petto di pollo ed alla carne cucinata a casa. In generale, chi rinuncia a questi cibi, tende a stare meglio anche di umore. Non solo per il fatto di seguire una dieta migliore ma anche per il sottoporre ad una infiammazione inferiore il cervello. Processo che invece viene notato quando si ha la depressione. Ma i pericoli in ambito alimentare sono legati anche ad altri fattori.
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