Ti è mai capitato di mangiare la pizza bruciata? Ma fa davvero male mangiarla? Una nuova teoria fa luce su questa situazione.
In pizzeria ti sarà capitato sicuramente di ricevere una pizza leggermente bruciata ma probabilmente l’hai mangiata lo stesso. Anche a casa, quando ti cimenti nella preparazione di questa bontà, potresti aver mangiato un cornicione di pizza un po’ più bruciacchiato.
Ti sei mai chiesto se mangiare la pizza bruciata faccia male? In linea di massima il cibo bruciato sarebbe da evitare. Però una nuova teoria fa luce su ciò che riguarda la pizza bruciata e chiarisce una volta per tutte ogni dubbio.
La pizza è uno dei piatti più amati della cucina italiana, sinonimo di convivialità ma perfetta anche da mangiare da soli a pranzo o per una cena leggera.
La pizza ha un apporto calorico elevato e quindi molte persone se la concedono come sgarro ad esempio nel fine settimana. Ma cosa succede se si mangia della pizza bruciata? Gli esperti hanno sfatato la teoria che la pizza bruciata faccia male. Infatti, sembrerebbe che ciò non abbia nessun impatto sullo sviluppo del cancro.
A condurre lo studio sono stati i ricercatori dell’Accademia dei Georgofili che ne hanno presentato i risultati in occasione di un recente incontro dal titolo “Pizza napoletana tra tradizione e innovazione”. La ricerca si è focalizzata su tutti “i fenomeni legati alla produzione dei panetti, alla lievitazione, alla cottura della pizza in forno a legna, alla sua digestione e al suo impatto ambientale”.
Inoltre si è cercato di “introdurre potenziali innovazioni sulla formulazione degli ingredienti, sulla conservazione e sulle tecniche di asporto”. Nella nuova teoria si è studiata anche l’acrilammide, sostanza tossica che è contenuta in tracce proprio nelle bruciature della pizza napoletana. Dallo studio è emerso che i livelli di acrilammide riscontrati nella pizza bruciata sono così bassi da non risultare cancerogeni.
Quindi non c’è nessun rischio nel consumare pizza con margini o base bruciacchiata e questa è un’ottima notizia per gli amanti della pizza. Il dibattito ha rivelato anche alcune strategie per minimizzarne la formazione durante la cottura.
Tra queste il professor Francesco Sestili dell’Università della Tuscia, nell’abstract ha scritto che bisogna “ridurre negli impasti iniziali il contenuto dei principali precursori dell’acrilammide che sono gli zuccheri riducenti ed in particolare l’asparagina libera (fAsn). Diversi lavori hanno mostrato che il contenuto di questo amminoacido nelle farine è direttamente correlato al contenuto di acrilammide nei prodotti finali”.
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