Un coperto per uno, un pasto fugace e si va via: è la moda del solo dinner, il nuovo trend tra i giovani che è già arrivato in Italia: ma perché?
Ci si accomoda alla sedia che si avvicina verso il tavolo, si ordina e intanto si scrollano le storie Instagram. Poi arriva il piatto scelto, si mangia, si beve un bicchiere d’acqua o di vino ed eventualmente si ordina un secondo o un dessert. Non c’è parola, non c’è dialogo, c’è solo uno schermo che illumina il viso mentre si gusta ciò che è stato ordinato e poi si va alla cassa. Si paga, si prende lo scontrino e tutto sparisce dietro quella porta del ristorante scelto, come se la presenza umana non ci sia mai stata a quel tavolo.
Drammatizzata ovviamente come visione, ma è quanto sta succedendo da quando la moda del Solo dinner ha preso il sopravvento, o meglio, il nuovo trend di mangiare da soli al ristorante. Un fenomeno che da qualche anno coinvolge Germania, Gran Bretagna, Giappone e adesso anche l’Italia. Ma perché? Da cosa dipende la scelta di voler cenare o pranzare da soli in un ristorante o una trattoria? Fattori molteplici, nessuno meno o più importante dell’altro. Ciò che risulta sicura è questa nuova mania e non può non essere osservata più da vicino. Proviamo a capirla
Colpa della vita frenetica che conduciamo, colpa del tempo che scorre, colpa della mancanza di relazioni che sicuramente il Covid-19 ha ampiamente codificato, ma il fenomeno del solo dinner è già da un pezzo all’interno del nostro Paese e negli ultimi due anni ha subìto addirittura un incremento. Non di certo una moda imposta da qualche sfilata o influenzata da chissà quale blogger o influencer, ma nata in modo del tutto automatico e ancora si cercano le ragioni specifiche. Anche se forse sarebbe meglio non saperle.
Il tutto si svolge nella massima semplicità: si sceglie un ristorante, ci si accomoda e si ordina, per poi mangiare, pagare il conto e andarsene. Tutto è fatto in rigoroso silenzio, senza la possibilità di conversare, legare, rispettare o consolidare quei rapporti che fino a un decennio fa erano la cosa più importante di tutto il fine settimana, quando dopo una intensa di lavoro una cena con gli amici non era forse solo un obbligo, ma una prima necessità, di svago e felicità. In realtà il fenomeno ha bisogno di essere un po’ più approfondito: in America, per fare un esempio, i pranzi in solitaria sono all’ordine del giorno specialmente per chi ha una pausa pranzo corta e non può di certo rientrare a casa.
A Milano stesso questo fenomeno funziona in modo analogo a quello americano, anche se non è raro trovare ancora qualcuno che vada a pranzo con qualche collega. Il problema, se così possiamo definirlo, alla base è chiedersi…quando capiremo che stare soli non è più un isolamento ma un ritorno a se stessi? A patto che questa visione venga condivisa, sia chiaro. Una vita frenetica come quella che conduciamo ad oggi non lascia molto spazio alla convivialità, questo è poco ma sicuro, ma bisognerebbe chiedersi quanto gli effetti sul lungo termine di questo trend possano influire sulle conseguenze relazioni di tutti.
In qualche modo, la società odierna ci vuole indipendenti ma vincolati, sposati ma liberi, fecondatori ma sempre meno genitori e qui lasciamo da parte le nostre opinioni personali su ciò che sia giusto o sbagliato. Ma questo viver sociale stesso che da una parte concede e dall’altra toglie, sta facendo lo stesso con i figli delle nostre generazioni precedenti. E se la solitudine non è più opportunità di comprensione e rinascita, ma semplicemente l’alternativa al complesso vivere insieme, allora continuiamo a salvare le cene in compagnia, invitate gli amici a casa, facciamo pizze e focacce insieme.
Perché chi è solo nella felicità conosce il potere unico dell’amicizia. Chi è solo e basta, ha bisogno di salvezza, mani da aggrappare, ancora tante cene da condividere.
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