Di Lucia | 26 Gennaio 2008
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n.d.
Il nome di questa antichissima ricetta, tipica della Toscana e, principalmente di Pistoia nasce dal fatto che proprio a Pistoia, i macelli comunali sono molto vicini alle carceri, le entrambe strutture affacciano su un piccolo corso d’acqua chiamato Brana. Molti anni fa sembra che le “rigaglie” cioè le interiora degli animali macellati non venivano venduti, ma gettati nel ruscello sotto gli occhi dei carcerati, evidentemente affamati, che chiesero ed ottennero il permesso di poter mangiare loro tutto quel ben di Dio. Inventarono, allora una zuppa mettendo assieme le rigaglie, il pane secco e l’acqua. Questo piatto poverissimo, ai giorni nostri arricchito con odori, aglio e formaggio, è ormai difficilissimo da trovare se non in qualche trattoria o ristorante che offrono un menu di tradizione toscana. Una curiosità: il termine rigaglia deriva dal latino e significa “cosa degna di un re”.
Ingredienti
Preparazione
in una capiente pentola preparate un brodo con acqua, gli odori, i pomodorini e la carne. Fatelo cuocere a lungo e filtratelo. Versate il brodo in un coccio ed unite il pane tagliato a fette, salate, pepate e fate cuocer a fuoco basso mescolando continuamente fino ad ottenere una “pappa” omogenea. A cottura ultimata condite con un pò d’olio extravergine e con abbondante formaggio. Servite il “carcerato” in ciotole molto caldo. Vino consigliato: rosso tipo Chianti classico servito a temperatura ambienteParole di Lucia